Automobile: il futuro è elettrico. Ma siamo pronti?

Automobile: il futuro è elettrico. Ma siamo pronti?

Forse mai come ora l’automobile è stata la cartina di tornasole dei cambiamenti cui la nostra società sarà obbligata. Simbolo di libertà di movimento e trionfo della meccanica, ma al contempo loro negazione durante le lunghe attese. In coda, avvolti in una nube di gas di scarico, sovente con un’occhiata torva al pedone, alle biciclette che ci scivolano di fianco. O a chi senza rischiare una sanzione consulta il suo social network preferito seduto su un tram. Automobile, non primo colpevole del riscaldamento climatico. Ma il più aspramente discusso, e che più mette in risalto le contraddizioni del nostro modello energetico e di trasporto. E l’elettrico sembra essere la soluzione.

Il dibattito sull’elettrico

La conferenza-dibattito “The Future of Mobility: E-Cars and Beyond. Trends, Innovations and Politics”, organizzata dalla Webster University di Ginevra, ha riunito quattro relatori con specializzazioni complementari.

Daniela Leveratto, direttrice tecnica dell’IMMA (International Motorcycle Manufacturers Association) a Ginevra, con un’analisi dettagliata e ricca di dati ha reso evidenti le difficoltà dell’industria della motorizzazione. Il regolatore pubblico stringe inesorabilmente sugli standard di emissione, con l’obiettivo finale di azzerarli, ma in modo solo normativo, e a volte contraddittorio quando non distingue tra le emissioni di CO2 e quelle di particolato e NOx. Il messaggio risulta difficilmente comprensibile agli automobilisti, spiazzati dalle repentine modifiche delle regole di accesso alle zone urbane. A volte senza reale libertà di scelta del proprio mezzo. Altre volte perplessi di fronte a norme percepite come coercitive senza offerta di valide alternative integrate.

È noto che una soluzione tecnica esiste: la mobilità elettrica. La sua maturità non è più in discussione. Non si spiegherebbe altrimenti che nei mesi appena trascorsi, in Europa, il modello di auto più venduto sia stato uno elettrico. In questo senso, il mondo sta compiendo un salto evolutivo, e relegherà presto i nostri (ma sì, ammettiamolo) amati motori a camme bielle pistoni e marmitte alla categoria di manufatti vintage, dal vago profumo steampunk. Siamo testimoni di una transizione persino più radicale di quella dal vapore al ciclo Otto.

Il futuro dell’auto elettrica

Tuttavia, la maturità dell’auto elettrica mette impietosamente in risalto l’insufficienza in cui langue il resto del sistema. La potenza oggi usata per ricaricare una batteria non è neutra in CO2. Peggio ancora, l’abbandono immediato e totale del motore termico è impossibile. La rete elettrica non sarebbe in grado di fornire potenza sufficiente alla ricarica in tempo utile. Sono indispensabili, su scala sovranazionale e sul lungo termine, difficili scelte strategiche: l’aggiornamento delle reti, e l’aggiunta di molte centrali elettriche, da fonti rinnovabili, e forse (le sujet qui fâche) anche nucleari.

Già garantire il semplice (mi si perdoni l’ironia) accesso diffuso sul territorio a stazioni di ricarica rapida è una sfida. Tecnicamente interessante e positivo è stato il messaggio passato da Roberto Di Stefano, amministratore delegato di Free2Move eSolutions: l’industria ha ben capito le opportunità offerte dalla costruzione di migliaia di punti di ricarica, ma è anche in grado di farlo pensando out of the box, immaginando soluzioni tecniche per ridurre l’impatto sulla rete, garantendo un servizio di ricarica affidabile, così come oggi diamo per scontata l’esistenza di un distributore di carburante.

L’elettrico per una mobilità sostenibile

La maturità della propulsione elettrica non è nemmeno in grado di alleviarci, da sola, dalla maledizione del traffico: senza disturbare i timpani e le narici dei nostri vicini di sventura, senza emettere CO2, e purtuttavia saremo in coda. Di questo ci ha parlato il professor Stefano Maggi, direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali dell’Università degli Studi di Siena, esperto di mobilità sostenibile.

Tra i diversi esempi menzionati nella sua relazione, spicca la metamorfosi della spagnola Pontevedra, da città infestata dal traffico a felice esempio di estesa pedonalizzazione. Rinuncia all’uso dell’auto nella zona urbana, e sviluppo del trasporto intermodale. In piccolo, ci insegna che molto si può ottenere quando il regolatore pubblico sceglie una strategia non puramente normativa, e la persegue sul territorio nel lungo periodo. L’eliminazione del traffico cittadino implica sempre una drastica riduzione dell’inquinamento, e viene da pensare che – paradossalmente – renda anche meno tesa la discussione sul ruolo dell’auto.

Gli studi sul traffico in rapporto all’elettrico

Studi formali del comportamento del traffico confermano le osservazioni empiriche. La viabilità cittadina non è infatti un osservatore passivo. È diffusa la convinzione che un traffico più scorrevole, e quindi un minore inquinamento, sia favorito dalla moltiplicazione e allargamento delle strade. Come ci ha invece spiegato il professor Claude Chaudet, direttore del Dipartimento di Computer Science alla Webster di Ginevra, e studioso di Smart Cities, la realtà è sovente contro-intuitiva. Il fenomeno è stato formalizzato nel paradosso di Braess, che prende il nome dal matematico che lo postulò nel 1968. L’apertura di una strada aggiuntiva può provocare un aumento del tempo medio di percorrenza, e di conseguenza le emissioni.

L’inquinamento, il traffico, il riscaldamento climatico, l’organizzazione delle città e dei mezzi di trasporto, e in ultima analisi il nostro modello energetico sono difficilmente districabili gli uni dagli altri. Questa conferenza ha avuto il pregio di generare più domande di quante risposte fossero possibili. Iniziare a formulare le domande giuste è a volte quanto di meglio possiamo fare.

Emilio Radicioni

Emilio Radicioni, torinese, fisico presso l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il CERN, divide la sua vita professionale tra l'Europa e il Giappone. Sommelier e curioso di cucina scientifica, pianista a tempo perso.

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