La speranza e il progetto di fronte alle crisi del mondo contemporaneo

La speranza e il progetto di fronte alle crisi del mondo contemporaneo

Il  2025 è l’anno del Giubileo che secondo un’antica tradizione è indetto ogni venticinque anni e Papa Francesco ha deciso di porlo sotto il tema della Speranza, che insieme alla fede e alla carità, forma il trittico delle “virtù teologali” che esprime l’essenza della vita cristiana.

La Bolla di indizione del Giubileo porta il titolo latino Spes non confundit (la speranza non delude). Di fronte alle tragedie delle guerre, le pandemie, l’aumento della povertà in ogni del molto, i disastri climatici e ambientali, Francesco affida alla speranza la capacità di indicare la direzione in cui guardare, le finalità dell’esistenza umana, per recuperare la fiducia necessaria per le relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, « nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato ».

Le situazioni di crisi gravi che si succedono rendono il futuro incerto, imprevedibile, il che, continua Francesco,  « fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità ». Ma la fede porta ad affermare che  « nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. »

Per un credente, la speranza è basata sulla presenza « vivificante e salvifica del Signore »  nella storia quotidiana dei singoli e delle collettività. « È infatti lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita … La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino ».

La certezza che Cristo sia sempre al fianco del credente, tuttavia, non può portare alla mera aspettativa, all’attesa ma richiede l’impegno per « intraprendere qualunque cammino senza paura e senza incertezze, ma con gioia, forza e serenità ». Ma per questo, conclude il testo di Francesco, occorre « sviluppare una virtù strettamente imparentata con la speranza: la pazienza ».

Tuttavia, per i credenti come per i laici, la speranza e la paziente ricerca di un cammino verso un futuro positivo, non possono rimanere passive, bloccate nell’attesa. Devono basarsi su idee, strategie, progetti. Di fronte alle molteplici crisi che spingono alla riflessione, è utile tornare al significato originale delle stesso termine. La parola « crisi », infatti, deriva dal greco krisis (κρίσις) che significa “scelta”,  “giudizio”, derivato dal verbo krinein, “scegliere”, “giudicare”. Per superare una crisi occorre prendere decisioni, giudiziose e coraggiose, basate quindi su progetti, su una chiara e razionale visione del futuro.

La speranza progettuale di Thomas Maldonado

Il legame fra speranza e progetto è stato discusso con profondità di analisi e ricchezza di suggerimenti, più di cinquanta anni prima della bolla papale, da un altro intellettuale argentino, l’architetto Thomas Maldonado, considerato uno dei principali teorici della teoria del design contemporaneo. In un libro pubblicato dall’editore Einaudi nel 1970 (e ripubblicato nel 1981) dal significativi titolo La speranza progettuale. Ambiente e società, Maldonado nell’immediato prosieguo del movimento del Sessantotto, contro quanti teorizzavano la fine di ogni forma di progettualità e di razionalità, afferma che « il vero esercizio della coscienza critica è sempre inseparabile dalla volontà di cercare un’alternativa progettuale coerente ed articolata alla convulsione della nostra epoca ». Il discorso della non-progettazione per Maldonado è « un lusso intellettuale della società dei consumi, una prerogativa dei popoli benestanti, una fastosità retorica dei popoli saturi di beni e di servizi ».. Al contrario i popoli sommersi dall’indigenza e le classi sociali più povere « hanno bisogno di progettare per massimizzare le scarse risorse disponibili ». Non si possono infatti costruire modelli e simulazioni di strutture, azioni e comportamenti se non si è in possesso di una forte volontà di attuare tali azioni e comportamenti, volontà che Maldonado chiama una « proiezione concreta » : « La progettazione cerca di aprire un orizzonte di azione articolato, coerente, socialmente responsabile dell’ambiente umano e del suo destino … Nessuno può tentare di negare che la progettazione è il nesso più solido che unisce l’uomo alla realtà e alla storia ».

La speranza e le riforme in Italia

La forte capacità di legare speranza e progetti concreti, così presente in Maldonado, è il riflesso diretto di un periodo culturale e politico, che va dalla fine degli anni ’60 all’inizio degli anni ’80 caratterizzato da una forte spinta a riforme sociali, basate appunti sulla ‘speranza progettuale’. Sono anni spesso ricordati in Italia come gli ‘anni di piombo’ per il susseguirsi di attentati, violenze e terrorismo, ma in realtà sono stati un periodo di riforme che hanno  profondamente modificato la struttura economica, i rapporti di lavoro, le responsabilità dello stato per il benessere dei cittadini. Nel 1970 si istituiscono le Regioni e vengono approvati dal Parlamento lo Statuto dei Lavoratori e il Divorzio, nel 1972 l’Obiezione di coscienza, nel 1975 il nuovo diritto di famiglia, i consultori, la riforma penitenziaria, nel 1976 la legge Merli per la tutela delle acque, nel 1977 la legge di parità fra i sessi sul lavoro, nel 1978, ‘l’anno aureo delle riforme’, la riforma sanitaria, l’equo canone per gli affitti, la legge Basaglia per la chiusura dei manicomi e il diritto delle donne all’aborto.

La necessità di un nuovo legame fra speranza e progetto

Nel mondo attuale, dominato da crisi sempre più minacciose e pervasive, spingere con forza sulla speranza, legandola a una altrettanto forte capacità progettuale, è il solo modo per ricostruire una capacità di intervenire nella società e nei suoi problemi, con riforme e trasformazioni istituzionali e sociali sempre più necessarie, a livello nazionale e soprattutto internazionale, a partire dalla creazione di una reale Unione Europea, capace di affrontare le profonde crisi che sembrano andare verso nuovi e pericolosi scenari. La speranza, unita alla capacità di progettare e di agire in conseguenza,  non delude.

Bernardino Fantini

Bernardino Fantini è professore emerito di Storia della Medicina e della Sanità presso l’Università di Ginevra. Nato a Nepi (Viterbo), dopo una laurea in biochimica all’Università di Roma nel 1974, ha ottenuto nel 1992 un dottorato in storia e filosofia delle scienze della vita all’EPHE-Sorbonne di Parigi. Dal 1990 al 2013, è stato direttore dell’Istituto di Storia della medicina e della salute dell’Università di Ginevra. E’ presidente dell’Istituto Italiano di Antropologia, dell’Association des Concerts d’été à St Germain e della Società Dante Alighieri di Ginevra. Le sue ricerche si sono indirizzate principalmente alla storia della genetica e della biologia molecolare, alla storia della microbiologia e delle malattie infettive, alla filosofia delle scienze della vita e allo studio, teorico e sperimentale delle relazioni fra musica, scienza e medicina. È sposato con Rita Gai e ha tre figli e cinque nipoti.

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