Dalla guerra in Ucraina all’uso distorto della storia

Dalla guerra in Ucraina all’uso distorto della storia

Gli storici delle relazioni internazionali sanno bene che l’uso distorto della storia per fini politici è una colonna sonora (e portante) di tante campagne politiche e propagandistiche.

L’uso che ne ha fatto il presidente Vladimir Putin durante il suo discorso alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina (UA) ne è un esempio palese.

Nel suo discorso-fiume, l’inquilino del Cremlino ha negato le radici fondative dell’UA. Il suo vocabolario era calibrato per negare o perlomeno ridurre la sovranità dell’UA, accusando il governo del paese del presidente Volodymyr Zelensky di essere in mano agli eredi dei nazisti. Questi ultimi, durante la Seconda guerra mondiale, reclutarono migliaia di soldati anti-sovietici e furono spalleggiati dal collaborazionista Stepan Bandera, controverso e contestato personaggio politico nazionalista dell’UA (nato nella Galizia austro-ungarica nel 1909 e morto assassinato da agenti sovietici a Monaco di Baviera nel 1959).

Le parole di Putin

Nonostante il fatto che le affermazioni di Putin siano confutabili per tabulas, esse denotano un retroterra culturale preciso. I paragoni con l’ultimo conflitto mondiale come, per esempio, il Patto di Monaco del 1938 e l’annessione dei Sudeti per poi inglobare l’intera Cecoslovacchia, nonché l’agressività hitleriana in politica estera (lo “spazio vitale” della Grande Germania), lasciano il tempo che trovano. Le truppe tedesche, inoltre, ci misero circa sei mesi a occupare tutta la Cecoslovacchia: quelle russe combattono nella regione del Donbass da otto anni. Inoltre, non sussiste l’elemento del voltafaccia, per usare un eufemismo, di Parigi e Mosca, che erano legate a Praga da un’alleanza e avrebbero dovuto difenderla. La NATO, invece, non ha alcun obbligo. Pertanto, non esiste nessun casus foederis. L’Alleanza atlantica potrebbe starsene imbelle senza intervenire in aiuto dell’UA.

In Europa, una parte della popolazione tende a giustificare le ragioni della Russia con il fatto che si sentisse minacciata dall’espansione della NATO negli ultimi trent’anni. Anche negli Stati Uniti, alcuni studiosi e diplomatici hanno cercato di spiegare le frizioni e poi i conflitti tra Russia e UA. Non solo Henry Kissinger e John Mearsheimer in alcuni articoli divulgativi e scientifici dagli anni ’90 del secolo scorso a oggi, ma anche l’ex ambasciatore statunitense a Mosca Jack Matlock, che lo scorso dicembre ha scritto il saggio dal titolo “Ukraine: Tragedy of a Nation Divided”.

In soldoni, Kissinger, Matlock e Mearsheimer scrivono che è troppo facile vedere solo buoni e cattivi nel triste copione di questo conflitto nel cuore del continente europeo. Infatti, le cause del conflitto russo-ucraino vengono da lontano e sono complesse, dal fallimento del sistema neo-liberale negli anni ’90 del secolo scorso e dall’imposizione di un tale sistema senza essere passato per un periodo di transizione e, idealmente, una nuova Jalta . In Italia, Eugenio Di Rienzo ha scritto un bel saggio per spiegare cosa stava succedendo alla frontiera occidentale dell’ex URSS nel 2014 (E. Di Rienzo, Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2015), riuscendo a fare capire al lettore le ragioni di Mosca.

L’Ucraina tra due fuochi

Il pensiero e l’azione di Putin si basano su un estremo tentativo di riportare in auge l’imperialismo russo dell’epoca zarista. Inoltre, come afferma anche Antonio Pattori in un suo recente articolo pubblicato sul giornale oxoniano Cherwell il presidente russo si ispira ampiamente alle idee del filosofo Alexander Dugin, che ha una grande influenza anche all’interno del partito Russia Unita.

Il suo famoso volume del 1997, The Foundations of Geopolitics: The Geopolitical Future of Russia , delinea i pilastri della filosofia neo-euroasiatica e neo-fascista della Russia putiniana ed è uno dei libri di testo adottati nelle accademie militari russe. Un testo che spiega come i valori universali del neo-liberismo americano siano una piaga a cui porvi tosto rimedio con i valori euro-asiatici.

Per smantellare questo sistema di valori americani e occidentali, si suggeriscono la creazione di un asse con l’Iran e delle relazioni amichevoli con la Germania e con qualsiasi altro paese o partito politico europeo sovranista che possa mettere in questione la NATO e magari operare affinché l’Alleanza si divida in un blocco atlantista e un blocco europeista. Il modo in cui l’ex cancelliere Gerard Schröder ha recentemente difeso Putin e l’esitazione della Germania nell’inviare armi due mesi fa sono la prova che la divisione dell’Occidente è alla base dei piani di Mosca.

La religione fa la sua parte

Infine, ma non per questo meno importante, l’uso distorto della religione cristiano-ortodossa si sposa bene con l’uso distorto della storia. Secondo Dugin, l’UA non ha un eccessivo valore geopolitico (sicuramente ha un valore geo-economico viste le risorse naturali presenti nel Donbass e l’importanza del controllo del Mar Nero per i traffici commerciali russi!), ma è vitale per la creazione di Mosca come la “terza Roma”: una credenza teologica che la Russia è l’erede dell’Impero romano attraverso le proprie radici bizantine. L’importanza ecclesiale di Kiev è l’amalgama della manipolazione putiniana della storia. In quest’opera di distorsione, il patriarca di Mosca Cirillo I è il perfetto alleato di Putin. Quest’ultimo, senza l’appoggio della chiesa ortodossa russa non avrebbe retto vent’anni al potere.

L’”operazione militare speciale” in corso da almeno otto anni e il modus operandi di Putin sono il risultato di un miscuglio fatto di delirio di onnipotenza, meri calcoli geo-economici e geo-politici e convizioni ideologiche.

La resistenza dell’UA, seppure con tutti i doverosi distinguo, va sostenuta politicamente e aiutata militarmente. Allo stesso tempo, su di un binario parallelo, un negoziato di pace dovrebbe essere intrapreso dalla Svizzera, che purtroppo ha scalfito la sua storica neutralità allineandosi troppo celermente alle sanzioni europee nei confronti della Russia.

Oreste Foppiani

Oreste Foppiani è Visiting Research Fellow e professore associato di Storia e Politica internazionali presso il Robert Schuman Centre for Advanced Studies dello European University Institute (www.eui.eu). Ha insegnato o diretto progetti di ricerca in diversi atenei tra Ginevra, Milano, Tokyo, Washington e New York. Membro dell'Association Genevoise des Journalistes (RP Impressum) e dell'Ordine dei Giornalisti dell'Emilia-Romagna (2004-2018), è stato corrispondente permanente di Libertà presso l'Onu di Ginevra dal 2008 al 2016.

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