I referendum e Francesco Guccini

I referendum e Francesco Guccini

La locomotiva è certamente la ballata più famosa di Francesco Guccini, scritta nel 1972 e contenuta nell’album ‘Radici’, una ballata che chiudeva regolarmente ogni suo concerto, che è stata ed è sempre presente in qualsiasi riunione di giovani, nelle serate sulla spiaggia con la chitarra, nelle manifestazioni sindacali. Anche se l’autore afferma di non sapere « che viso avesse, neppure come si chiamava » il protagonista, la canzone si ispira a un fatto realmente accaduto nel 1893, quando un macchinista anarchico aveva tentato senza successo di lanciare una locomotiva contro un treno nella stazione di Bologna.

La ragione di questo gesto, ci racconta Guccini, era la rabbia contro la ricchezza ostentata nei treni di lusso, confrontata con la triste realtà della povera gente (« Vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori, / Pensava al magro giorno della sua gente attorno, / Pensava un treno pieno di signori »).

Più di un secolo dopo quel gesto originario e a cinquant’anni dalla ballata di Guccini ci si può chiedere se esista ancora la rabbia contro le ricchezze enormi e il profondo solco che separa i ‘signori’ dalla povera gente. Le statistiche economiche ci dicono che negli ultimi decenni e in particolare con la pandemia di Covid19 il solco è diventato un burrone. Le poche decine di ‘extraricchi’ hanno raddoppiato  le loro fortune economiche e finanziarie, portandole da 700 miliardi a 1.500 miliardi di dollari, ad un ritmo di 15.000 dollari al secondo o di 1,3 miliardi al giorno.

Più generalmente nello stesso periodo i ceti benestanti hanno aumentato del 30% il loro patrimonio mentre il reddito medio della quasi totalità della popolazione, anche nei paesi sviluppati, è diminuito e quasi 200 milioni di persone in più sono scese al disotto della soglia di povertà.

Di fronte a questa realtà il principio di solidarietà, presente nelle costituzioni di tutti i paesi avanzati, dovrebbe portare a imporre imposte supplementari a questi guadagni straordinari. Se nell’anno trascorso ho avuto il 30% di super-profitti dovrei anche logicamente pagare il 30% di ‘super-imposte’. Eppure, il referendum del 18 giugno che intendeva introdurre « un contributo temporaneo di solidarietà sulle grandi fortune » è stato rifiutato.

E nessuno si scandalizza più della povertà estrema e le spese folli, soprattutto dei nuovi ricchi, perché gli industriali e i tradizionali ceti benestanti sono cauti nelle loro spese, per favorire giustamente gli investimenti produttivi. Le proteste dei giovani si rivolgono, con tutte le ragioni, in favore dell’ecologia e contro le discriminazioni di ogni tipo. Ma non si ha notizie di manifestazioni contro le diseguaglianze economiche, contro la povertà.

E’ vero che nella stessa giornata di votazioni è stata approvata, a larga maggioranza, una modifica alla Costituzione della Repubblica e Cantone di Ginevra per affermare il diritto a un’alimentazione sufficiente e di qualità adeguata. Ma affermare un diritto sulla carta è facile, e ci si può chiedere con quali mezzi finanziari questo diritto può diventare una realtà, non solo in Svizzera ma anche nei poveri dove la fame ancora uccide almeno due milioni di persone ogni anno.

Tradizionalmente il dibattito sulla tassazione delle grandi fortune viene presentato in chiave politica come un’opposizione fra ‘sinistra’ e ‘destra’, ma questo è fuorviante perché il principio di solidarietà è accettato, in linea di principio, da tutte le forze politiche, ed è per questo che si trova in tutte le Costituzioni. Così, la Costituzione della Repubblica Italiana all’art. 2 impone « dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale » e l’art. 53 afferma che « Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività », cioè più si ha e più si paga.

La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea afferma che l’Unione «  si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà ».  E l’articolo 1 della Costituzione della Repubblica e Cantone di Ginevra attesta che «  La République de Genève est un État de droit démocratique fondé sur la liberté, la justice, la responsabilité et la solidarité ».

Gli argomenti usati nella discussione sulla possibilità di imporre maggiori imposte alle grandi fortune sono sostanzialmente due. Il primo, ricorrente e banale, è che lo stato impone già imposte elevate e occorre evitare che continui « a mettere le mani nelle tasche dei cittadini ». La seconda è che l’aumento delle imposte ai grandi patrimoni potrebbe diminuire la possibilità di fare investimenti e quindi produrre lavoro ed ulteriore ricchezza. Questo secondo argomento ha basi valide e per questo spesso si propone anche di detassare gli investimenti produttivi.    

Ma a questo secondo argomento si può rispondere che spesso i grandi capitali sono improduttivi o usati per manovre puramente finanziarie, che aumentano le ricchezze degli speculatori ma non portano all’aumento della produzione e del lavoro. Inoltre, spesso queste ricchezze vengono utilizzate per spese di lusso, e spesse vengono sprecate. Nelle cronache degli ultimi anni è tutto un succedersi di notizie su ‘spese folli’.

Si pagano 250’000 dollari per andare con un sottomarino a fare una lugubre visita al relitto del Titanic, rischiando anche la vita. 450’000 dollari sono necessari per fare una passeggiata di 90 minuti nello spazio e provare per qualche minuto il brivido dell’assenza di gravità e vedere per un attimo il panorama della Terra come vista solo nelle foto della NASA. E 150’000 dollari si devono versare già al momento della prenotazione, che nel 2022 sono già state ben 700, per un totale di 105 milioni di dollari. Ma anche senza parlare di queste avventure straordinarie,  i giornali si riempiono di spese folli per ogni genere di prodotto.

Ci sono le pizze più care : una si chiama Luigi XIII e un pizzaiolo di Agropoli la vende online a 8.300 euro; una pizza al ‘tartufo bianco e foglie d’oro’ si vende a Malta a 2’400 euro (ma ovviamente il prezzo varia a seconda delle quotazioni dell’oro e del tartufo), mentre 4’200 € è il prezzo di una pizza 007 a Glascow, con aragoste bagnate di champagne e una spolverata di oro. E ci sono anche i gelati: in Giappone costa 6000 euro una pallina di gelato fatta con Parmigiano Reggiano e Tartufo Bianco di Alba !

Ma a parte queste stravaganze, che sembrano fatte appositamente per entrare nel Guinness dei primati, anche nel quotidiano si deve notare una divaricazione sempre più ampia fra chi deve fare molte rinuncie per arrivare alla fine del mese e non può permettersi vacanze e chi invece può permettersi spese anche al di là del ragionevole. Si deve notare in primo luogo come spesso sono solo le ‘marche del lusso’ (la moda, le auto) a far guadagnare i mercati finanziari, perché questo tipo di acquisti è in forte crescita. 

Nel settore delle vacanze e del divertimento si è notato che occorrono 40’000 euro per passare una sola notte in un residence esclusivo in Costa Smeralda, una somma superiore a quanto guadagna in un anno un insegnante e 40 volte quanto guadagna al mese un cameriere che lavora nello stesso residence. Ci vogliono 17’000 euro per una suite presidenziale in un hotel esclusivo a Roma e 10’000 per dormire una notte in una suite dell’Hotel Danieli a Venezia. Poi per andare al mare si possono pagare sino a 1’000 € al giorno per una giornata sulla spiaggia in un stabilimento esclusivo in Salento e si richiedono almeno 1’500 euro al giorno per noleggiare un’auto di lusso o per acquistare una bottiglia di vino pregiato in un ristorante stellato.

Di fronte a questo livello di spese, per non parlare di sprechi, non si notano particolari sentimenti di rabbia, di collera, come per il macchinista gucciniano, ma anzi un desiderio di emulazione e di invidia.  Una politica socialmente equa potrebbe non tassare i capitali ma almeno intervenire sulle spese folli. E gli strumenti ci sono. Ad esempio i Comuni in Italia percepiscono una piccola ‘tassa di soggiorno’ per ogni notte in una camera d’albergo, di solito da 1 a 5 euro, a seconda delle stelle, ovviamente uguali per tutti. Si potrebbe stabilire che al di sopra dei 500 € per notte si versa al Comune o a un apposito ‘fondo di solidarietà’ il 10% del prezzo della camera.

In questo modo una settimana di utilizzo del residence in Costa Smeralda porterebbe nelle casse 28’000 €, una somma sufficiente a far trascorrere una settimana in un albergo della Riviera Romagnola a ben cinquanta persone indigenti, oltre a far guadagnare qualcosa agli albergatori romagnoli.

Non ci resta quindi che sperare, con Guccini, che « ci giunga un giorno ancora la notizia / Di una locomotiva, come una cosa viva, / Lanciata a bomba contro l’ ingiustizia ». Accanto a una nuova ‘coscienza ambientale’ si può sperare nell’emergenza di una ‘coscienza sociale’, una cosa viva, una ‘bomba’ morale e culturale che possa far vincere il principio etico dell’eguaglianza.

Bernardino Fantini

Bernardino Fantini è professore emerito di Storia della Medicina e della Sanità presso l’Università di Ginevra. Nato a Nepi (Viterbo), dopo una laurea in biochimica all’Università di Roma nel 1974, ha ottenuto nel 1992 un dottorato in storia e filosofia delle scienze della vita all’EPHE-Sorbonne di Parigi. Dal 1990 al 2013, è stato direttore dell’Istituto di Storia della medicina e della salute dell’Università di Ginevra. E’ presidente dell’Istituto Italiano di Antropologia, dell’Association des Concerts d’été à St Germain e della Società Dante Alighieri di Ginevra. Le sue ricerche si sono indirizzate principalmente alla storia della genetica e della biologia molecolare, alla storia della microbiologia e delle malattie infettive, alla filosofia delle scienze della vita e allo studio, teorico e sperimentale delle relazioni fra musica, scienza e medicina. È sposato con Rita Gai e ha tre figli e cinque nipoti.

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