Quando le Olimpiadi diventano un incubo politico

Quando le Olimpiadi diventano un incubo politico

Nella storia delle Olimpiadi, le competizioni sportive più famose del mondo hanno fornito ai politici dei paesi ospiti una chance per “segnare dei punti”, unificando il tessuto sociale intorno a un progetto spettacolare e ampiamente condiviso dai loro concittadini.

Globalmente, promuovendo i loro paesi sulla scena internazionale. I luoghi dei Giochi, talvolta, hanno anche aiutato a fare crescere questa o quella regione in particolare. Questo avrebbe dovuto essere il caso dell’Asia orientale. Dopo quanto accaduto in Corea del Sud in occasione delle Olimpiadi invernali del 2018, si pensava che le Olimpiadi estive del 2020 in Giappone sarebbero servite da trait d’union con quelle invernali in Cina nel 2022.

Inizialmente previste dal 24 luglio al 9 agosto 2020, i Giochi della capitale giapponese sono stati rimandati al periodo 23 luglio–8 agosto 2021 a causa della pandemia, con la speranza delle autorità giapponesi che il virus sarebbe stato sotto controllo per quel tempo. Tuttavia, il Giappone è attualmente nel bel mezzo della quarta ondata pandemica. Il Covid-19 ha, in effetti, trasformato l’avventura olimpica in un incubo politico per il governo nipponico.

Anche se i Giochi avranno luogo come previsto questa estate, il ritorno sull’investimento a livello di immagine nel mondo e crescita del turismo saranno molto limitati a causa dell’assenza di tifosi e viaggiatori stranieri.

Peggio ancora, l’entusiasmo del pubblico giapponese per i Giochi è al suo minimo storico nel bel mezzo di una crisi epidemiologica e con una risposta inefficiente al Covid-19. Infatti, solo l’1% della popolazione dell’Impero del Sol Levante è stato completamente vaccinato alla data del 15 maggio.

Le Olimpiadi, sono viste sempre di più come un evento prosciugante di risorse economiche durante una pandemia che richiede ulteriori restrizioni delle attività della gente e delle imprese.

Una dopo l’altra, le prefetture di tutto il Giappone stanno cancellando manifestazioni pubbliche intorno al relè torcia, che di solito tende a unificare il tessuto sociale prima dei Giochi.

Numerosi governatori hanno già chiarito che i loro nosocomi, che hanno già raggiunto la massima capienza, non saranno in grado di curare gli atleti infettati dal Covid-19. Sondaggi recenti, indicano che il 60% della popolazione giapponese vuole che i Giochi vengano o cancellati o rimandati ancora una volta. Una petizione per cancellarli ha già raggiunto le 300’000 firme in soli cinque giorni.

Infine, il premier Suga Yoshihide è regolarmente criticato dai legislatori dell’opposizione per la sua cocciutaggine riguardo alle Olimpiadi.

Le prime Olimpiadi senza pubblico straniero

I Giochi hanno colto Suga tra l’incudine e il martello. Il tasso di approvazione del suo governo è rimasto al di sotto del 50% per dei mesi, e il primo ministro sta affrontando una tremenda pressione politica in vista della competizione del prossimo settembre per la carica di presidente del suo partito (il Partito Liberale Democratico) e le elezioni della Camera Bassa.

Elezioni che Suga dovrà convocare prima della fine di ottobre. L’insistenza del capo dell’esecutivo di volere fare le Olimpiadi costi quel che costi, non può fare altro che indebolire il suo governo, mentre cancellare i Giochi significherebbe un’ammissione di fallimento con conseguenze politiche devastanti dopo mesi di testardaggine.

L’unica strategia di uscita da questo labirinto decisionale, potrebbe essere di passare la palla al Comitato Olimpico Internazionale (Cio), affermando che la responsabilità di tenere i Giochi o meno pertiene esclusivamente all’organizzazione losannese, oppure al governatore di Tokyo. 

Dopo aver rimandato una visita in Giappone inizialmente programmata per il 17–18 maggio, il capo del Cio, Thomas Bach, è atteso per il mese di giugno. Il destino delle Olimpiadi estive sarà probabilmente deciso allora.

Lionel Fatton

Lionel Fatton è Assistant Professor presso la Webster University di Ginevra, dove insegna metodi di ricerca, relazioni internazionali e studi dell'area asiatica. È anche un collaboratore presso l'Istituto di ricerca per la storia del trasferimento globale di armi (Università Meiji, Tokyo). Tra i suoi interessi ci sono gli approcci teorici alle relazioni civili-militari e al controllo degli armamenti, il realismo neoclassico, la politica di difesa del Giappone e le dinamiche di sicurezza nell'Indo-Pacifico. Lionel Fatton ha conseguito due Master in Relazioni internazionali presso il Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra e la Waseda University di Tokyo, e un dottorato in Scienze politiche, specializzazione in Relazioni internazionali, presso Sciences Po Paris.

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