Come la pandemia può aiutarci nella lotta contro l’evasione fiscale
Con “bene pubblico” gli economisti identificano un bene o un servizio che può essere consumato da tutti i membri della società, anche contemporaneamente. Si pensi ad esempio, alla salute pubblica e al buon grado di immunizzazione raggiunto grazie alla campagna vaccinale degli scorsi mesi. Proprio perché nessuno può essere escluso dal consumo del bene pubblico, anche chi sceglie di non vaccinarsi beneficia dell’immunità di gregge. Allo stesso modo, chi sceglie l’evasione fiscale beneficia ugualmente della fornitura di beni pubblici.
I furbetti del fisco esistono in tutti i paesi del mondo, ma è ben noto che in Italia, il problema dell’evasione fiscale affatichi l’economia pubblica più che altrove. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze stimava nel 2019 che nel periodo 2014-2016 il livello di evasione fiscale aggregato si aggirasse sui 110 miliardi di euro l’anno, ovvero circa un terzo di quanto sarebbe teoricamente dovuto. Oltre la metà di queste risorse sparite, si stima, proviene dall’evasione dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta sul reddito di lavoratori autonomi e imprese. Associando questo dato alle recenti lamentele avanzate da molte categorie produttive circa la scarsa efficacia dei sussidi volti a compensare i mancati introiti delle imprese derivanti dalle restrizioni del 2020, sorge quantomeno un sospetto.
L’opportunità di una nuova lotta all’evasione fiscale
Evitando di pensar male, la crisi pandemica offre paradossalmente un’opportunità storica per migliorare drasticamente la lotta all’evasione. La pandemia di COVID19, infatti, non ha fatto che peggiorare una situazione già opprimente per il fisco italiano. L’incremento esponenziale della spesa pubblica in risposta alla crisi sanitaria ha ampliato lo scostamento tra le entrate e uscite, portando il debito pubblico al record storico del 160% del prodotto interno lordo italiano. Perché l’Italia possa ritornare in tempi ragionevoli a un livello di debito sostenibile nel lungo periodo, la risoluzione del problema dell’evasione fiscale non è più quindi rimandabile.
La risoluzione dei problemi di sanità pubblica legati alla pandemia e all’implementazione della campagna vaccinale, però, ha permesso un’accelerata nell’adozione da parte dei cittadini del sistema pubblico di identità digitale. Questo strumento, sebbene abbia come obiettivo principale quello di facilitare l’accesso ai servizi di pubblica utilità, permette di avere un identificativo unico di cittadini e imprese. Non è difficile immaginare che questo strumento, accompagnato a un più generale utilizzo di big data e intelligenza artificiale, consenta alle autorità fiscali di migliorare il contrasto all’evasione. A questo proposito, il recente decreto legge 241 dello scorso 8 ottobre sancisce lo stop ai vincoli sull’accesso ai dati individuali da parte delle amministrazioni pubbliche se la finalità del trattamento riguardano lo svolgimento di attività di pubblico interesse. In buona sostanza si riconosce, finalmente, una priorità all’interesse pubblico rispetto alla protezione dei dati personali, consentendo alle autorità fiscali di utilizzare dati sensibili per la lotta all’evasione fiscale.
L’accordo del G20
Questa riforma si associa a un’esigenza internazionale di modernizzazione del sistema fiscale. Gli stati membri dell’OCSE e del G20, ovvero circa il 90% del prodotto interno lordo mondiale, hanno infatti recentemente sottoscritto un accordo per l’adozione di un sistema “a due pilastri” (Base Erosion and Profit Sharing Project). L’accordo fissa la tassazione minima dei profitti di impresa al 15% a livello globale, riducendo – ma non eliminando – la concorrenza fiscale tra paesi. L’obiettivo è di aumentare la tassazione sui profitti delle imprese multinazionali che hanno a lungo beneficiato di regimi fiscali estremamente favorevoli, e di redistribuire le risorse ottenute a livello globale.
Bene comune
In attesa che queste soluzioni tecnologiche e burocratiche abbiano i loro effetti, è bene ricordare che l’adesione agli obblighi fiscali e, più in generale, il contribuire al bene comune sono comportamenti individuali che possono essere stimolati anche in modo più “gentile.” Una ricerca di Francesco Drago, Friederike Mengel, e Christian Traxler, recentemente pubblicata sull’American Economic Journal, ha dimostrato che nella lotta all’evasione contano tantissimo anche i cosiddetti “effetti di network.” Nel loro esperimento, che ha coinvolto circa 500,000 famiglie austriache, hanno inviato in modo casuale ad alcune di queste una lettera che le avvisava di un eventuale controllo fiscale. Il risultato di questo invio ha comportato un ovvio incremento del pagamento del tributo in questione – il canone annuo della TV – da parte delle famiglie che avevano ricevuto questa lettera. Ma, sorprendentemente, l’incremento è stato osservato anche per le famiglie che, pur non avendo ricevuto la lettera, si trovavano in prossimità di quelle che avevano ricevuto l’avviso. Questo effetto spillover dimostra che le strategie di lotta all’evasione sono molteplici e che possono sfruttare anche l’interazione e la comunicazione tra cittadini. Come accade in molti ambiti, l’ultimo ingrediente necessario al cambiamento è la volontà politica.
Articolo quanto mai attuale e illuminante per aprire ancora una volta gli occhi sul problema dell’evasione fiscale nel nostro Paese, da cui molti – politici in primis! – sembrano aver distolto lo sguardo.