Il canto è l’anima dei popoli: i Tenores di Neoneli

Il canto è l’anima dei popoli: i Tenores di Neoneli

Un evento culturale di particolare importanza ha avuto luogo il venerdì 11 novembre nella bella chiesa di Saint-Germain, nella città vecchia di Ginevra. Organizzato dal Circolo di Ginevra dell’Associazione Regionale Sarda, un concerto dei Tenores di Neoneli, accompagnati da due musicisti su strumenti tradizionali (launeddas, scacciapensieri, flauti, organetto e tamburo) ha permesso di apprezzare la ricchezza di una tradizione musicale molto antica, che si lega tuttavia sempre con l’attualità dei problemi sociali. Il modo di cantare e le musiche eseguite dai Tenores è infatti molto antico, come lo sono gli strumenti, ma i testi cantati vengono composti su temi di attualità, in questo caso il dramma causato dagli incendi dolosi e dalle alluvioni.

Il canto dei Tenores

I canti tradizionali sardi, riconosciuti dall’Unesco come « patrimonio orale e intangibile dell’Umanità », grazie alla loro continuità attraverso la storia, rappresentano una testimonianza per molti aspetti unica del ruolo e dell’importanza della bellezza nella vita umana. La musica incarna al tempo stesso il pensiero, le emozioni, i movimenti del corpo, ma è anche un rito collettivo, nel quale il cantore o il musicista rappresenta il comune sentire della comunità. Il canto è quindi espressione dei sentimenti popolari, spinge alla solidarietà e alla partecipazione.

Il « Cantu á tenores » viene eseguito da un gruppo di quattro cantanti (Tenores). Un solista, chiamato « sa boghe », canta un testo in lingua sarda, mentre gli altri tre cantanti (« su bassu », « sa contra » e « sa mesu boghe »), usando suoni gutturali e sillabe senza senso, che imitano i suoni della natura e degli animali, costruiscono formule melodico-armoniche di base, ben note ai cantori, che vengono combinate al momento sulla base di un canovaccio. La successione musicale non è quindi preordinata in sequenze rigide e comprende anche modulazioni a toni lontani, adattandosi perfettamente al testo cantato.

Una serata in musica

Le launeddas hanno svolto un ruolo importante nel concerto, accompagnando i Tenores, ma anche da sole, anche in una suggestiva processione lungo la navata della chiesa, con il suono di uno strumento all’apparenza così fragile che riempi come un organo tutto lo spazio. Si tratta degli strumenti tipici della musica popolare sarda, di origine antichissima, dato che sono rappresentati nei bronzetti nuragici, nei vasi greci e negli affreschi scoperti a Pompei. Lo strumento è formato da tre canne, di diverse misure e spessore, con al vertice la ‘cabitzina’ dove si trova l’ancia. Il basso (basciu o tumbu) è la canna più lunga, senza fori, che produce una sola nota (pedale o bordone), la tonica su cui è intonato l’intero strumento. La seconda canna (mancosa manna) ha la funzione di produrre l’accompagnamento e con uno spago viene tenuta insieme al basso. La terza canna (mancosedda) non è legata alle altre due, può essere spostata liberamente e grazie ai fori creati nella sua lunghezza permette di produrre le note della melodia. Questo strumento è stato suonato da Orlando Mascia, maestro assoluto degli strumenti tradizionali sardi, e da Matteo Muscas, un suo allievo di grande valore.

I Tenores di Neoneli, sotto la direzione di Tonino Cau, fondatore del gruppo, da decenni difendono con vigore la grande tradizione della musica popolare sarda, facendola conoscere in molti paesi, dall’Europa, alle Americhe e all’Asia.  Sovrapponendo alle forme musicali testi di grande attualità, il gruppo ha attraverso gli anni creato molti progetti originali, dedicati sia a figure storiche e a periodi importanti della storia sarda, come il Giudicato di Arborea, al confronto con altre tradizioni musicali popolari, come il portoghese Fado, o a personaggi centrali della storia sarda contemporanea, come Antonio Gramsci, Emilio Lussu ed Enrico Berlinguer.

Canti e musiche per l’ambiente

Il concerto dei Tenores di Neoneli a Ginevra aveva il titolo « Fogos & Logos – Canti e musiche per l’ambiente ». Il testo ricorda, con toni drammatici, il gravissimo incendio di Curraggia, avvenuto il 28 luglio 1983 sull’omonima collina situata a sud-ovest della città di Tempio Pausania, incendio che provocò la morte di 9 volontari e distrusse 18 mila ettari di boschi e terreni. « Los an falados aa fogu sos montes de idde mia, a crabone allutu ebbia an reduidu su logu » (I monti del mio paese li hanno bruciati, lasciando soltanto carboni ardenti), così inizia il testo cantato dai Tenores, che ricorda poi come gli incendi criminali continuano a distruggere la natura sarda, in Barbagia, Sulcis e Baronia, e si conclude con un grido di dolore alla « Sardigna, terra brujada » e un’accusa potente contro i piromani, che siano condannati dal rimorso a non poter mai riposare nel loro letto.

Difesa e sviluppo delle tradizioni popolari, impegno civile e ricchezza culturale: queste le caratteristiche delle attività dei Tenores di Neoneli, che meritano oltre al forte apprezzamento del valore delle loro produzioni una profonda riconoscenza.

Bernardino Fantini

Bernardino Fantini è professore emerito di Storia della Medicina e della Sanità presso l’Università di Ginevra. Nato a Nepi (Viterbo), dopo una laurea in biochimica all’Università di Roma nel 1974, ha ottenuto nel 1992 un dottorato in storia e filosofia delle scienze della vita all’EPHE-Sorbonne di Parigi. Dal 1990 al 2013, è stato direttore dell’Istituto di Storia della medicina e della salute dell’Università di Ginevra. E’ presidente dell’Istituto Italiano di Antropologia, dell’Association des Concerts d’été à St Germain e della Società Dante Alighieri di Ginevra. Le sue ricerche si sono indirizzate principalmente alla storia della genetica e della biologia molecolare, alla storia della microbiologia e delle malattie infettive, alla filosofia delle scienze della vita e allo studio, teorico e sperimentale delle relazioni fra musica, scienza e medicina. È sposato con Rita Gai e ha tre figli e cinque nipoti.

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