Le figurine, ovvero la pubblicità del XIX secolo

Le figurine, ovvero la pubblicità del XIX secolo

di Ezio Gramegna

Le figurine (chromos in francese), hanno costituito un’importante forma di pubblicità durante tutto il secolo XIX. Derivate dai primi biglietti d’ingresso di aree di svago come giardini e parchi di divertimento, queste antenate delle figurine (dette “sedie”), apparse già verso la fine del secolo XVIII, avevano una grafica molto attraente, create col processo di stampa su carta per cromolitografia. Tali biglietti venivano obliterati all’entrata dei parchi e, come facilmente immaginabile, la stragrande maggioranza di queste “sedie” è andata persa.

Le figurine storiche

Vorrei cominciare da un figurina dei grandi magazzini Au Bon Marché (ABM), che rappresenta in modo emblematico la funzione delle figurine, le quali, in quanto novità, acquistarono subito il favore del pubblico, in particolare della clientela giovanile.

Il processo cromolitografico (dal greco lithos, pietra) consiste nell’incisione di una maschera di pietra, sopra la quale venivano passati i tre colori fondamentali (rosso, giallo e blu) con l’aggiunta dell’inchiostro nero per le diciture e altri colori, come l’azzurro e il nero per i retri. Si tratta, quindi, di un processo di transfer dalla pietra alla carta per la stampa a colori, di estrema precisione, eseguita da artigiani qualificati.

Un po’ di storia delle figurine

Contemporaneamente nelle stamperie (imprimeries), vennero impiegati dei veri artisti per sviluppare le grafiche richieste dai soggetti delle figurine, meglio identificati come illustratori, molti dei quali sono passati alla storia; ne cito solo qualcuno come, per esempio, Mucha, Luigi Noir, Benjamin Rabier, Campiello e Mauzan. Molti illustratori sono rimasti sconosciuti, ma hanno dato il loro contributo, lavorando come artigiani nelle varie stamperie, il cui lavoro è stato ampiamente tramandato nei rispettivi cataloghi. Le più note furono Appel, Bognard le jeune, Testu & Massin/Champenois, Baster & Vielleimard, ecc.

Diversi grandi magazzini, fabbricanti di cioccolato, di dadi di carne, di biscotti, hanno impiegato le figurine come articolo promozionale dei loro prodotti; anche qui faccio un breve cenno ai più importanti. Grandi magazzini: Au Bon Marché, La Belle Jardinière, Au Printemps, Francia. Fabbricanti di cioccolato: Suchard, Svizzera; Guerin Boutron, Francia. Fabbricanti di dadi per minestre: Liebig, in tutta Europa. Fabbricanti di biscotti: Huntley & Palmers, Inghilterra, Lefevre-Utile, Pernot, Francia.

Il boom tra i consumatori

Le figurine così raccolte dai consumatori rappresentarono, soprattutto per le signore, un passatempo serale e festivo piacevole, che le vedeva impegnate a incollare tali figurine sulle pagine di grossi album; così, questa arte minore venne tramandata alle future generazioni. Le colle utilizzate a quei tempi erano di origine animale o vegetale, per cui si potevano sciogliere in acqua, anche se per recuperare le figurine integre, si doveva prestare attenzione al tempo di immersione delle pagine, alla loro successiva asciugatura, in quanto i colori potevano attenuarsi; inoltre le colle dovevano essere eliminate con cura per non lasciare residui.

Le signore dell’Ottocento avevano però a disposizione un’arma letale: le forbici. Le figurine venivano sistemate nelle pagine secondo vari criteri (tematica, figurine della stessa serie, combinazione di immagini similari, ecc.) per cui le medesime venivano riempite e, se necessario, le dimensioni delle figurine venivano “aggiustate” con le forbici. È superfluo precisare che simili operazioni hanno avuto un’influenza negativa sul valore delle stesse per i futuri collezionisti. La quantità di album riempiti di figurine è risultata astronomica, al punto che, a oltre cent’anni di distanza, se ne trovano ancora.

L’industria delle figurine

Le due imprese che usavano le figurine come messaggio pubblicitario, e che hanno creato la maggior parte di proseliti tra i collezionisti, furono ABM e Liebig. Le figurine di ABM erano molto apprezzate dal punto di vista grafico, impiegando diversi formati, diverse tematiche e coinvolgendo un gran numero di stamperie. Le figurine Liebig hanno mantenuto, escludendo le prime serie, un formato quasi standard e il numero di cartine della serie era di sei, consentendo di avere album ad hoc. Inoltre, le figurine Liebig hanno sempre più avuto un impiego didasacalico, come un’enciclopedia in pillole, e da ultimo sono state le più longeve arrivando a essere pubblicate fino al 1975.

Questa forma di pubblicità delle figurine è continuata per tutto il secolo XIX e fino agli inizi del secolo XX. In seguito, sono successi due eventi che hanno rivoluzionato il sistema esistente; uno tecnologico, vale a dire il passaggio della stampa a colori dalla cromolitografia alla tecnologia “offset”, molto più economica, che richiedeva meno mano d’opera specializzata, anche se agli inizi la qualità non era paragonabile alla cromolitografia; l’altro evento tragico fu la Grande Guerra, che rese le figurine un lusso che l’Europa non poteva più permettersi.

Altre forme pubblicitarie sono subentrate prepotentemente sulla scena a partire dal Novecento, come quella dei manifesti murali, la pubblicità su riviste e quella radiofonica.

I collezionisti

C’è da sottolineare, inoltre, il lavoro meticoloso e paziente della classificazione delle figurine, condotto da persone appassionate, tra cui dobbiamo citare l’opera di una ricercatrice italiana, Lucilla De Magistris, che ha registrato a mano migliaia di figurine; i suoi appunti manoscritti sono la base del catalogo WELD riconosciuto universalmente nel campo delle figurine.

In conclusione, le stamperie che impiegavano migliaia di operai qualificati con macchinari di precisione, diventarono lentamente, ma inerosabilmente obsolete, principalmente a causa del cambiamento di paradigma tecnologico.


Ezio Gramegna, ingegnere milanese trasferitosi a Ginevra nel 1980, dove ha lavorato per oltre vent’anni alla Dupont, è il più grande collezionista di figurine della Svizzera romanda.

Redazione

La Voce di Ginevra è un web magazine di cultura, attualità e informazione e punto di riferimento per tutta la comunità italiana che vive nel Cantone di Ginevra.

Related Posts

Verdi, Piazzola, Strauss: La scommessa riuscita del Grand Théâtre di Ginevra

Verdi, Piazzola, Strauss: La scommessa riuscita del Grand Théâtre di Ginevra

Christoph Waltz & Jonathan Nott :la simbiosi perfetta per un Cavaliere della rosa d’eccezione.

Christoph Waltz & Jonathan Nott :
la simbiosi perfetta per un Cavaliere della rosa d’eccezione.

Il canto è l’anima dei popoli: i Tenores di Neoneli

Il canto è l’anima dei popoli: i Tenores di Neoneli

Gli ateliers d’arte a Ginevra aperti il primo week end di Novembre

Gli ateliers d’arte a Ginevra aperti il primo week end di Novembre

No Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli recenti