Le colline della morte

Le colline della morte

Contea di Rowan, Kentucky orientale. Poco tempo fa. L’81enne Tucker, il più anziano della comunità, cammina all’alba sulle colline alla ricerca di ginseng, che cresce basso nel sottobosco e non va colto troppo presto. In una bella conca isolata rinviene una donna che riconosce, con il corpo addossato a un albero e la testa che ciondola, morta. Quella stessa mattina Mick Hardin si sveglia all’aperto nel bosco, abbastanza vicino alla capanna del nonno (vi aveva vissuto dopo la morte del padre, dai nove anni all’arruolamento), dove si ubriaca e dorme da giorni, con la testa che gli scoppia e un’enorme sete. Sta ancora provando a riprendersi quando arriva la sorella Linda che, in uniforme da sceriffo, gli chiede aiuto. Hanno scoperto il corpo, si tratta di una vedova di 43 anni, Veronica Nonnie Johnson, forse uccisa altrove tre giorni prima, ma il sindaco, il giudice e un pezzo grosso del carbone vorrebbero tenerla a distanza dalle indagini.

Visto che Mike è cresciuto lì, conosce bene le colline e tutti sanno chi è, e poi è stato 14 anni nell’esercito per essere quindi trasferito alla divisione investigativa della polizia militare, occupandosi perlopiù di omicidi, ora di stanza in Germania, potrebbe accompagnarla e darle una mano, la gente gli parlerà facilmente. Finora in quella contea non si è mai trovato un cadavere senza che quasi tutti già sapessero chi era stato. Si tratta sempre di beghe e vendette tra famiglie. Mike è tornato per tutt’altre ragioni: la moglie vive lì, gli ha comunicato di essere incinta e di non essere certa sulla paternità. Lui non sa che fare. Intanto indaga accanto alla sorella, questa volta non è così semplice ricostruire le origini e i protagonisti del crimine.

Noir d’esordio

Il grandissimo scrittore americano Chris shit for brains Offutt (Lexington, 1958) esordisce nel puro crime noir con uno splendido romanzo. The Killing Hills è il titolo e il tema. Certi disaccordi sulle colline ti scappano di mano, e vanno a finire a cazzotti, o a fucilate. I legami di sangue contano più di ogni altra cosa: schietti, ma non aperti; sinceri, ma reticenti; guardinghi, eppure amichevoli. Tanti bei posti, è vero, tutti con storie difficili, dietro. La gente degli Appalachi continua in parte a vivere sotto vecchi codici che ti costringono all’azione: le offese risultano sempre un fatto personale, i segreti e le vendette si tramandano per generazioni. Sulle colline appare più pratico farli fuori i debitori, prima di rimettergli i debiti. Si mantengono così propri antichi usi e costumi: l’alto tasso di analfabetismo, la scarsa fiducia nella legge, il guardarsi sempre alle spalle, le malinconiche permanenti faide familiari, la cultura del baratto e del soprannome, il fermarsi per far salire in auto senza che si trovi l’autostop, il traffico intenso solo in occasioni di funerali o partite di calcio.

Una storia di fratelli

La narrazione è in terza varia, abbastanza concentrata su Mick, il generoso riuscito protagonista. Tecnicamente la vicenda si svolge mentre lui è assente e viene reclamato dal lavoro in Europa, senza permesso ormai da giorni. Tuttavia, i fratelli vanno d’accordo e agiscono di concerto. I genitori erano separati, la madre aveva vissuto come una reclusa, il padre alcolizzato, il nonno eremita. Loro sanno cavarsela. Mick, aperto a tutto, attento alle cose, in empatia con l’ambiente, è legato visceralmente alla sua terra. Ma se ne è andato, divenendo capace di vederne bene limiti e difetti, praticando poi un limpido codice non identitario di lealtà e giustizia, un veterano di guerra con ferite in Iraq, Afghanistan e Siria, qui alle prese anche con un delicato trauma personale, visto il rapporto d’amore con la moglie Peggy e il loro futuro oggettivamente incerto.

Il comandante vorrebbe inviarlo a Camp Darby in Italia per un triplice omicidio. Fra i tanti ricordi belli della coppia vi è proprio la vacanza sulla costiera amalfitana, il vino, la pasta, il pesce. Per dimenticare non è bastata la cassa di bourbon bevuta da solo per nove piovosi giorni. Mick è destinato a tornare, non necessariamente stabile nel Kentucky oggi devastato dai tornado. L’autore sta già scrivendo la terza avventura della serie (ha dichiarato che i suoi modelli sono Izzo e Carlotto, ottimo e ne è all’altezza).

Valerio Calzolaio

Valerio Calzolaio ha 65 anni, è nato nell’ottobre 1956 a Recanati (Macerata) e risiede a Macerata. Si è diplomato a pieni voti nel luglio 1975 presso il Liceo Scientifico di Macerata con una tesina su Antonio Gramsci e laureato in Scienze Politiche a pieni voti nel luglio 1979 presso l’Università di Macerata, con una tesi in Diritto Costituzionale Comparato. Ha due figli: Chiara e Michele. Dal 1979 è giornalista, iscritto al relativo Ordine. Dopo la laurea, Calzolaio ha proseguito nell’attività di ricerca, ha ottenuto due borse di studio di storia costituzionale in Francia (Parigi, 1982) e in Inghilterra (Exeter, 1984), è stato professore a contratto di Diritto Costituzionale all’Università di Macerata negli anni accademici 1990-1991 e 1991-1992. Calzolaio è stato eletto deputato italiano per 4 legislature, la prima volta (1992) secondo nella lista regionale, le altre volte (1994, 1996, 2001) vincitore nel collegio di Macerata. È sempre stato componente del gruppo DS, Vice presidente della Commissione Ambiente 1994-1996, nella Presidenza del Gruppo nazionale 2001-2006. Dal 1996 al 2001 è stato sottosegretario al Ministero dell’Ambiente nei tre governi di centrosinistra (Prodi, D’Alema, Amato). Calzolaio è stato consulente ONU, del segretariato della Convenzione per la lotta alla siccità e alla desertificazione (UNCCD) nel 2002 e dal 2006 al 2009. Calzolaio è giornalista e saggista, ha collaborato con numerosi quotidiani nazionali. Ha curato l’edizione di alcuni volumi collettanei; ha scritto libri su vari argomenti storici e ambientali. Ha anche pubblicato alcuni saggi scientifici di materia costituzionalistica, articoli e saggi di natura culturale. Recentemente, dal 2010 ha pubblicato vari volumi di storia politica e scienza delle migrazioni. Pubblica recensioni di libri in vari siti, blog e riviste online, in particolare di romanzi gialli e neri (dal 1995 al 2014 con una rubrica settimanale di recensioni di genere su settimanali distribuiti in edicola). È componente della giuria del Premio Scerbanenco dal 2000. Dal gennaio 2014 è divenuto sommelier. Cura le pagine Facebook “Isole e carceri”, “Libertà di migrare”, “Una specie meticcia. La nostra” e altre.

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