L’ecologia e la storia urbana

L’ecologia e la storia urbana

Negli ultimi mesi sono state numerose le azioni di attivisti ambientalisti, appartenenti in particolare a ‘Ultima Generazione’, che hanno preso di mira in diversi paesi opere d’arte, in nome della lotta contro la distruzione dell’ambiente. Qualche esempio: a Firenze gli attivisti hanno imbrattato con la vernice le mura di Palazzo Vecchio; a Roma del liquido nero è stato versato nella fontana di Trevi e nella fontana ‘barcaccia’ di Piazza di Spagna; due eco-attivisti si sono incollati con le mani alla statua del Laocoonte nei Musei Vaticani; del fango è stato gettato contro il portone di Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica; tre attivisti si sono incollati al vetro che protegge “La ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer, al Mauritshuis Museum dell’Aja; a Potsdam un purè di patate ha sporcato il quadro “Il Pagliaio” di Claude Monet; la zuppa di pomodoro è stata usata contro il quadro “I Girasoli” di Van Gogh, in mostra alla National Gallery di Londra; e sempre di Van Gogh il quadro “Il seminatore” esposto a Palazzo Bonaparte di Roma è stato sporcato con zuppa di verdura, mentre gli attivisti si sono incollati alla parete.

Canaletto – Blick

« l nostro non è vandalismo – affermano gli attivisti – ma il grido di allarme di cittadini disperati che non si rassegnano ad andare incontro alla distruzione del Pianeta e, con esso, della propria vita ». Ci si può in primo luogo chiedere se per lottare contro la distruzione dell’ambiente si può rischiare di distruggere opere d’arte insostituibili. Certo, la questione ambientale è grave e altrettanto grave è l’inerzia della quasi totalità di governi mondiali. E’ quindi giusto cercare visibilità per la lotta ambientale. Ma perché le opere d’arte ? Non si poteva ottenere la stessa o anche maggiore visibilità con altri tipi di azione, note anche nel passato, come gettare monetine sulla testa di uomini politici, dipingere di rosa le ‘auto blu’ blindate delle persone di potere, bloccare le autostrade o fare invasione in un campo di calcio o in uno studio televisivo, esponendo cartelli in difesa dell’ambiente ?

Si colpiscono invece i simboli della memoria storica delle civiltà, le opere d’arte, magari perché sono meno protette dalle forze dell’ordine rispetto ai palazzi del potere o agli studi televisivi. Ma forse c’è una ragione più profonda. L’arte e la bellezza sono il frutto della storia secolare dell’attività creatrice di uomini e di donne. Probabilmente si pensa, fra gli attivisti ecologisti, che la rovina dell’ambiente sia proprio dovuta all’azione umana. Quindi, si attaccano le conquiste dell’estetica, che sembrano le più astratte, le più lontane dalle preoccupazione per l’ambiente, frutto solo dell’intelligenza e del senso estetico (nonostante che le ‘nature morte’ e i paesaggi siano da sempre un tributo alla varietà e alla bellezza della natura).

Massaggi a Praga

C’è poi un’altra osservazione da fare. I centri urbani, in tutto il mondo, sono soggetti a un declino che sembra inarrestabile, a causa del turismo di massa, dei tags che imbrattano i muri, i ponti, ogni tipo di superficie, con i centri storici che si riempiono di attività commerciali, frutto della globalizzazione, che nulla hanno a che fare con la storia del luogo e ne alterano l’immagine. E non si tratta solo dei fastfood al neon o i negozi turistici che vengono cianfrusaglie. Un paio di esempi significativi. A Praga, nella celeberrima Piazza dell’Orologio, così chiamata per la presenza dell’imponente orologio astronomico del1410 che si trova sulla facciata del Palazzo del Municipio, proprio accanto all’imponente Chiesa di Santa Maria di Tyn e di una serie di palazzi storici dalle facciate artisticamente decorate, si è aperto un negozio per i massaggi thailandesi, con grandi luci fluorescenti, persone massaggiate ben in vista e acquari in prima piano, con pesciolini che mangiano le pellicine morte dei piedi. Ci si dovrebbe forse chiedere in che modo questo sia compatibile con l’armonia esistente da secoli della celebra piazza.

Altro esempio. Dresda è una città tedesca quasi totalmente distrutta dai bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale. L’impegno preso di ricostruirla ‘all’identico’ è stato in gran parte realizzato e la città ha recuperato la quasi totalità del suo aspetto storico, almeno sino agli sviluppi più recenti del turismo di massa. L’aspetto della città, rimasto per secolo identico, è ben documentato da una serie di splendidi quadri dipinti dal grande pittore Bernardo Bellotto (1721-1780) detto il Canaletto, che nel 1747, a soli 26 anni, si era trasferito a Dresda su invito del Principe Elettore di Sassonia Augusto III. Negli undici anni del suo primo periodo a Dresda il Canaletto dipinge una serie di vedute della città e dei villaggi vicini, oggi conservati nella magnifica “Pinacoteca degli Antichi Maestri ». Queste vedute sono caratterizzate da una tecnica quasi fotografica, di un grande realismo, e il gran numero di dettagli permette di avere una visione precisa non solo dell’architettura, ma anche delle condizioni di vita e di lavoro della popolazione della città di 250 anni fa. L’architettura della città è rimasta per secoli la stessa e dopo la ricostruzione all’identico si dovrebbe poter rivedere la stessa immagine come dipinta da Canaletto. E’ questa l’idea alla base di un’attrazione turistica che si trova sulla sponda del fiume Elba opposta rispetto al centro : il Canaletto Blick (il punto di vista di Canaletto), una grande cornice che inquadra i palazzi, il ponte e le chiese della sponda opposta e dovrebbe corrispondere a un celebre quadro di Canaletto. Dovrebbe, perché in realtà l’immagine è molto modifica dai tags e da una serie di battelli turistici dai colori sgargianti disposti lungo la riva, anche questi risultato del turismo di massa, dato che nel pacchetto di una giornata di visita alla città è sempre inclusa una breve ‘crociera’ sull’Elba.

Il Canaletto

La domanda finale è quindi : perché accanto agli attivisti per la difesa dell’ambiente naturale non si mobilitano anche gli attivisti per la difesa dell’ambiente artistico e urbano, incollandosi ai tags, ai neon verdi e rossi fosforescenti dei massaggi tailandesi o ai fianchi colorati dei battelli da breve crociera fluviale?

Bernardino Fantini

Bernardino Fantini è professore emerito di Storia della Medicina e della Sanità presso l’Università di Ginevra. Nato a Nepi (Viterbo), dopo una laurea in biochimica all’Università di Roma nel 1974, ha ottenuto nel 1992 un dottorato in storia e filosofia delle scienze della vita all’EPHE-Sorbonne di Parigi. Dal 1990 al 2013, è stato direttore dell’Istituto di Storia della medicina e della salute dell’Università di Ginevra. E’ presidente dell’Istituto Italiano di Antropologia, dell’Association des Concerts d’été à St Germain e della Società Dante Alighieri di Ginevra. Le sue ricerche si sono indirizzate principalmente alla storia della genetica e della biologia molecolare, alla storia della microbiologia e delle malattie infettive, alla filosofia delle scienze della vita e allo studio, teorico e sperimentale delle relazioni fra musica, scienza e medicina. È sposato con Rita Gai e ha tre figli e cinque nipoti.

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