L’idea di Europa: da Ventotene a Bruxelles (via Ginevra)
Nelle ultime settimane e mesi un ampio dibattito si è sviluppato sulla natura e i compiti dell’Unione Europea (UE), principalmente su due terreni, uno positivo e l’altro negativo. Il primo, positivo, si riferisce alla risposta data dalla Commissione europea presieduta da von der Leyen alla grande pandemia di Covid19, risultato di un grande sforzo di solidarietà. Con il piano NextGenerationEU, per ricostruire l’Europa dopo la pandemia, con un investimento totale di più di duemila miliardi di euro a prezzi correnti, con l’obiettivo di creare un’Europa più ecologica, digitale e resiliente. Si tratta del più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato in Europa, che In Italia si sta articolando intorno al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
L’aspetto negativo è costruito dalle profonde tensioni che si sono create fra la Commissione Europea e alcuni stati membri intorno alla questione dei muri che alcuni paesi vorrebbero costruire a spese dell’Europa per impedire l’arrivo dei migranti e sul problema del rispetto dei diritti umani, in particolare il rispetto delle minoranze e della indipendenza della magistratura.
Tutto questo mette al centro del dibattito la possibilità che le istituzioni europee possano aver un ruolo di ‘governo sovranazionale’ per gestire le crisi, a cominciare da quella sanitaria, e far applicare a tutti gli stati membri i principi affermati nella Costituzione europea. E’ utile per meglio comprendere quanto sta succedendo, far riferimento ai principi ideali e pratici affermati dal ‘Manifesto di Ventotene’, che viene considerato come il primo seme dell’Unità europea e il cui 80° anniversario è stato celebrato poche settimane fa con una semplice ma sentita cerimonia alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
E’ importante ricordare le ragioni storiche e ideali che hanno portato alla costruzione, prima economica e poi sempre più politica, dell’UE. Le idee per tale unità sono nate nel pieno svolgersi della tragedia della seconda guerra mondiale e sono state elaborate e portate avanti da politici e intellettuali appartenenti, in tutta Europa, ai movimenti di liberazione contro il nazi-fascismo, risultato dell’incontro e sintesi fra diverse culture politiche (cattolica democratica, democratica laica e liberale, organizzazioni del movimento operaio).
L’idea fondamentale dietro il Manifesto era che solo un’Europa unita e democratica avrebbe potuto evitare nuove tragedie dovute ai nazionalismi e alle tensioni economiche e sociali fra i diversi stati europei, assicurando in questo modo la pace e un armonioso sviluppo socio-economico. Al tempo stesso, si affermava che solo un’Europa unita, economicamente e politicamente, pur nel riconoscimento delle diversità sociali e culturali, avrebbe potuto svolgere un ruolo decisivo e non secondario nelle vicende mondiali.
Due sono in particolare i momenti che segnano l’inizio della costruzione dell’Europa Unita : in primo luogo, appunto, l’elaborazione a partire dal 1943 del ‘Manifesto di Ventotene’, ad opera di un piccolo gruppo di intellettuali oppositori al fascismo, condannati al confino nella piccola isola del Tirreno, e l’approvazione di un documento comune dei movimenti della Resistenza europea, durante una riunione tenutasi a Ginevra nel maggio del 1944.
Il manifesto di Ventotene
A partire dall’agosto del 1941, tre antifascisti al confino a Ventotene, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, sviluppano una riflessione sulle ragioni che avevano condotto alla guerra e sulle idee alla base dei Movimenti di Liberazione che cominciavano in quegli anni a prendere forma e forza. Questa riflessione porta alla fondazione del Movimento federalista europeo (agosto 1943) e alla stesura di un documento programmatico dal titolo «Per un’Europa libera e unita. Progetto di un manifesto». Dopo aver rilevato che la civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà di ogni persona e di ogni popolo, il manifesto individua che « il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani».
Il manifesto indica cinque principi ed obiettivi, necessari alla costruzione di una vera unità: esercito unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni al libero movimento delle persone tra gli stati appartenenti alla Federazione, rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali, politica estera unica. La realizzazione di questi obiettivi, conclude il documento, non sarà facile e richiederà di percorrere un lungo cammino, dato che «la via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà ».
Occorre rilevare che fra i cinque obiettivi indicati dal manifesto tre sono stati in gran parte raggiunti (unità monetaria, libero movimento di persone e beni, parlamento europeo eletto a suffragio universale) e non si può negare una grande capacità progettuale agli estensori del documento quando si rileva che ciò che ancora rende debole e spesso inefficace l’Unità europea nel contesto mondiale è appunto il non raggiungimento degli altri due obiettivi, l’esercito federale e una politica estera unica.
Si può rilevare l’assenza da questi principi federalisti di indicazioni forti in merito ad alcuni aspetti delle politiche economiche comuni, che sono attualmente considerati come indispensabili per la realizzazione piena dell’unità europea, come l’armonizzazione delle politiche fiscali, il ruolo della banca centrale, le politiche per la giustizia sociale e l’equa ripartizione delle risorse, la cui carenza è oggetto di molte giuste critiche nei confronti degli organi di governo europeo. Fortunatamente, è proprio in questo campo che a seguito della grave pandemia di Covid19 l’Unione Europea si sta muovendo finalmente con decisione, assicurando risorse ingenti e delineando strategie valide.
Le riunioni di Ginevra, marzo-maggio 1944
Negli stessi anni della stesura del Manifesto di Ventotene, altri dirigenti politici appartenenti a diverse culture elaborano documenti e prese di posizione in favore della costruzione dell’unità europea, sempre all’interno delle forze in lotta contro il nazi-fascismo. Così, fra il novembre 1942 e l’aprile 1943, gli azionisti Tancredi (detto Duccio) Galimberti, figlio di Tancredi senior, ex ministro nel governo Zanardelli, e il magistrato Antonino Rèpaci, nipote del celebre scrittore calabrese Leonida Rèpaci, elaborano un «Progetto di Costituzione confederale europea», le cui ultime modifiche sono apportate poco prima dell’8 settembre ’43, quando Galimberti decide di passare alla lotta partigiana, come comandante dei gruppi di Giustizia e Libertà, per la quale dà la vita, perché viene fucilato dai repubblichini a Centallo, presso Cuneo, la sua città natale, il 4 dicembre 1944.
L’economista liberale Giulio Einaudi, che diverrà il primo presidente della Repubblica Italiana, pubblica sempre nel settembre 1943 nella rivista «Movimento Liberale Italiano» un documento in favore di una federazione economica europea, uno degli scritti fondamentali della Resistenza italiana.
L’avvenimento più importante in questo campo è tuttavia una serie di incontri che hanno luogo a Ginevra, fra il febbraio e il maggio 1944, alla presenza dei rappresentanti dei movimenti della Resistenza europea allo scopo di preparare una ‘dichiarazione federalista internazionale’, incontri in cui svolgono un ruolo decisivo Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, in quel periodo in Svizzera. Dopo varie stesure, resesi necessarie per armonizzare le diverse posizioni presenti nei movimenti dei vari paesi, il testo definitivo è approvato il 20 maggio 1944, ratificato dai rappresentanti dei partiti e dei movimenti di resistenza europei in una riunione del 7 luglio 1944 e pubblicato con il titolo « L’Unità Europea » nell’agosto dello stesso anno. Questa dichiarazione è da considerare certamente il maggior successo ottenuto dai sostenitori italiani della federazione europea durante il periodo della Resistenza e diviene il punto di partenza degli sviluppi positivi che in questa direzione si hanno nell’immediato dopoguerra.
La dichiarazione indica con chiarezza i tre principali obiettivi istituzionali da porre alla base della costruzione dell’Europa unita: 1) un governo europeo eletto direttamente dalle popolazioni dei paesi membri della federazione e responsabile delle politiche comunitarie;
2) un esercito europeo posto agli ordini del governo federale, al posto degli eserciti nazionali; 3) un Tribunale Supremo Europeo con competenza sulla carta costituzionale europea e incaricato di risolvere eventuali conflitti fra gli Stati membri o fra gli Stati e la Federazione. Si tratta di obiettivi strategici, solo in piccola parte realizzati, in particolare dopo l’approvazione della Costituzione europea, e che rimangono quindi la guida per la costruzione di un’Europa veramente unita.
Come indica chiaramente l’importante Dichiarazione di Ginevra, «questi fini potranno essere raggiunti solo se i diversi paesi accetteranno di superare il dogma della sovranità assoluta degli Stati integrandosi in un’unica organizzazione federale.» Questo superamento, che non nega ma sviluppa e arricchisce le specificità culturali e sociali di ogni paese membro, era considerato dagli estensori del testo come la garanzia assoluta per il mantenimento della pace nel continente europeo, in quanto permetteva ai paesi che erano usciti dalla guerra come vinti o come vincitori di cooperare per la ricostruzione, lo sviluppo economico e sociale e impegnarsi per l’unità politica.
Ed è questo che ha permesso al continente europeo di vivere il più lungo periodo di pace che l’Europa abbia mai conosciuto. Settantacinque anni di pace e di cooperazione. Al di là delle difficoltà e degli ostacoli ancora da superare, gli ideali federalisti emersi insieme agli ideali, nati dalla Resistenza, di libertà e di difesa dei diritti umani continuano a costituire il programma politico più ambizioso e più valido per il futuro dell’Europa.
Le istituzioni europee, a Bruxelles e a Strasburgo, anche se fra molte difficoltà, svolgono un ruolo importante. E possono cambiare ancora più profondamente il destino del nostro continente, vincendo le resistenze dei governi nazionalisti e populisti.
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